Il primo report sugli abusi su minori nella Chiesa italiana

Rassegnati è la rubrica settimanale che seleziona un fatto degli ultimi giorni per mostrare com’è stato riportato dalla stampa italiana. Tra strategie comunicative ed errori, viene svelato il filtro che copre ogni notizia. Oggi parliamo del primo report, commissionato dalla CEI, sugli abusi su minori nella Chiesa italiana e dei suoi risultati.

Giovedì 17 novembre è stato presentato in una conferenza stampa il Report nazionale sulle attività di tutela nelle Diocesi italiane, che ha l’obiettivo di fare una panoramica dei Servizi territoriali e dei Centri di ascolto diocesani e degli abusi che hanno rintracciato. L’inchiesta si riferisce al biennio 2020-2021, dal momento che i Servizi e i Centri di ascolto diocesani sono stati costituiti a seguito delle Linee guida per la tutela dei minori, approvate dai vescovi italiani nel maggio del 2019. “Nel biennio in esame il totale dei contatti registrati dai Centri di ascolto è stato pari a 86, di cui 38 contatti nel 2020 e 48 nel 2021” si legge nel documento. Gli 86 casi segnalati sono distribuiti tra contemporaneità e passato (non meglio identificato).

Come ne ha parlato la stampa italiana?

Il Post esprime già nel titolo una sintesi dei nodi cruciali del report: “Il primo rapporto della CEI sugli abusi nella Chiesa dice molto poco”. Come si legge nel sottotitolo, infatti, “Era molto atteso, ma è stato elaborato su dati parziali e il risultato finale è assai deludente”.

L’indagine in questione era stata annunciata a maggio dal presidente della CEI Matteo Zuppi e – come ricorda la testata – “avrebbe dovuto essere, o almeno così si era capito allora, la prima parte di una indagine indipendente commissionata dalla Chiesa italiana sugli abusi sessuali e la pedofilia commessi al proprio interno, finora mai realizzata. In realtà il rapporto considera solo alcuni casi segnalati alla Chiesa stessa avvenuti fra 2020 e 2021, e perciò offre un quadro assai limitato e parziale”. In seguito si fa un riepilogo dei dati fondamentali che emergono dal report, contenuti in circa 10 delle 40 pagine che lo compongono.

Anche Domani apre l’articolo con un attacco deciso: “Pedofilia, il primo report della CEI di Zuppi prova ancora a negare e insabbiare il problema”. Oltre al titolo, in apertura si legge “Il cardinale Matteo Maria Zuppi, oggi a capo della Conferenza episcopale italiana, è una persona seria. E dunque non avrebbe mai dovuto permettere la pubblicazione di un report umiliante come quello diffuso oggi sugli abusi nella Chiesa. Che rappresenta una umiliazione per tutte le vittime, ma anche per l’intelligenza di qualunque persona si avventuri a leggerlo”.

Subito si mette in chiaro che l’obiettivo del report non è tanto fare una stima degli abusi nella Chiesa italiana, quanto monitorare l’andamento dei Centri diocesani. Si denota così quella che viene definita “una certa ignoranza statistica (nel migliore dei casi, nel peggiore un grossolano tentativo di manipolare i pochi numeri offerti)”. Alla luce dei pochi numeri, quindi, e delle modalità con cui l’indagine è stata condotta, si giunge alla conclusione che “è questo lo scopo del report della CEI: far arenare il dibattito, spingerlo in un angolo burocratico che genera soltanto impotenza e frustrazione”.

Avvenire, d’altro canto, sceglie un titolo neutro: “Report. Lotta agli abusi, CEI: 89 segnalazioni nel 2020-21. Indagini su 613 fascicoli”. I fascicoli citati sono quelli consegnati nel corso degli ultimi vent’anni alla Congregazione per la dottrina della fede ma non inclusi in questo nuovo rapporto della CEI. Durante la conferenza stampa di presentazione del report, i 613 fascicoli sono stati al centro di alcune domande spinose. La testata apre quindi l’articolo sostenendo che “La CEI, in accordo con il dicastero per la Dottrina della fede, sta avviando un’indagine sui 613 fascicoli depositati dalle diocesi italiane presso lo stesso Dicastero dal 2000 a oggi relativi ad accuse di abuso a carico di chierici”.

Dopo aver riassunto i dati, si specifica che “Si tratta di dati molto importanti per la loro solidità, completezza e affidabilità perché frutto di precise procedure penali. Non dunque di semplici articoli di giornale, denunce anonime, questionari pensati per la statistica o di dati proiettivi. Evidente, dunque, l’importanza di poter studiare attentamente questi dati assolutamente attendibili per comprendere quali siano i tratti caratteristici delle dinamiche abusive in ambito ecclesiale, come si siano sviluppate e quali siano le strategie per poterle meglio prevenire”. Forse per evitare che vengano messi in discussione com’è accaduto per il rapporto francese.

Infine anche Vatican News fa riferimento ai fascicoli non citati nel report all’interno del titolo: “CEI pubblicato primo Report abusi: 613 fascicoli dall’Italia alla Dottrina della Fede”. Non viene però esplicitata – nemmeno nel corpo dell’articolo – la scelta di non includere i fascicoli nell’inchiesta.

Dopo un veloce riepilogo dei dati, ci si sofferma sulle dichiarazioni della CEI di contrastare l’omertà e rompere il silenzio attorno agli abusi su minori nella Chiesa. Infine l’articolo si chiude ricordando la giornata indetta dall’ONU per il 18 novembre “per la protezione dei minori contro lo sfruttamento e gli abusi sessuali. Nell’occasione la Conferenza episcopale ha esortato a vivere in tutte le parrocchie, diocesi, movimenti una giornata di preghiera per le vittime e i sopravvissuti. Sono stati formulati e inviati anche degli appositi testi”. Alle criticità vengono riservate solo le ultime righe dell’articolo.

Leggo, scrivo e ne parlo. Sono una giornalista, un'insegnante. Mi occupo di diritti e conduco il podcast Cristianə a chi?

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