La sindrome della grande Ungheria
Dopo più di cento anni la città di Fiume torna d’attualità in ambito geopolitico. Questa volta niente irredentismo, niente D’Annunzio o ribaldi patrioti in cerca di gloria militare. “I paesi che hanno uno sbocco sul mare possono facilmente importare il petrolio. Se all’Ungheria non fosse stato tolto, oggi anche noi avremmo un porto”. Sono le parole pronunciate dal presidente ungherese Viktor Orban a metà maggio; in giugno poi rincarava la dose attraverso un video su Facebook in cui mostrava una targa di Fiume, con sotto la scritta “Tangerre magyar”, letteralmente “al mare, ungheresi”. La Croazia non aveva affatto digerito l’uscita di Orban: così a metà maggio il ministro degli esteri croato: “Condanniamo qualsiasi aspirazione territoriale nei confronti di altri paesi sovrani”, convocando a Zagabria l’ambasciatore ungherese per chiarimenti.La nostalgia del passato
Servendosi di un ormai classico schema di nostalgia del passato, Orban fa riferimento alla grande Ungheria imperiale, mettendo per l’ennesima volta sul piatto quella che per gli ungheresi è nota come la tragedia del Trianon. L’episodio storico è cronologicamente molto vicino a quel 1919 che consegnò Fiume alle truppe irregolari italiane, guidate dal poeta vate. 4 giugno 1920: nel palazzo del Trianon, presso Versailles, si svolgono i negoziati post prima guerra mondiale, che sanciscono durissime condizioni di pace per lo stato magiaro. Fu effettivamente una tragedia: il territorio ungherese passava dai 325.000 ai 93.000 km quadrati con una diminuzione di più del doppio della popolazione, dai quasi 21 milioni a circa 7 milioni e mezzo. Tra i territori ceduti, una grossa fetta di costa croata, comprendente la città di Rijeka (Fiume). Si è molto discusso della durezza dei trattati di pace post prima guerra mondiale.In linea con il rigurgito nazionalista degli anni ’30, già prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, l’Ungheria si alleava con Hitler allo scopo di recuperare il prestigio e i territori perduti.
Orban la spunta ancora
La frase pronunciata da Orban fa seguito ai colloqui con Ursula von der Leyen, giunta a Budapest per convincerlo a togliere il veto all’embargo del petrolio russo stabilito a Bruxelles, nel contesto del sesto pacchetto di sanzioni contro la Russia di Vladimir Putin. Alla fine Orban l’ha spuntata per l’ennesima volta: a fine maggio l’embargo al petrolio russo ha ottenuto il via libera seppure con deroghe significative: il divieto d’importazione riguarderà solo il greggio che arriva via mare.Resta tuttavia fuori dal bando l’oleodotto Druzhba, che rifornisce l’Ungheria ma anche Germania e Polonia. Una deroga di 18 mesi ha ottenuto anche la Repubblica Ceca.
Per tutti gli altri il divieto sarà in vigore entro fine 2022.
I vertici UE ci tengono a precisare che la deroga avrà una durata limitata.
Ma intanto Orban può sventolare davanti al Paese un’ennesima piccola vittoria contro l’UE: “Noi siamo esenti!”.
creek gate io
At the beginning, I was still puzzled. Since I read your article, I have been very impressed. It has provided a lot of innovative ideas for my thesis related to gate.io. Thank u. But I still have some doubts, can you help me? Thanks.